Salvarmi salvando gli altri, ossimoro dei nostri tempi
Introduzione
Siamo molto onorati di aver potuto contribuire alla diffusione in Italia di questo articolo della collega Tatyana Bilyk mediante la sua traduzione e pubblicazione sul blog della nostra Associazione. E’ il secondo dei testi scritti dall’autrice dall’inizio della guerra in Ucraina in cui condivide le sue riflessioni sulle relazioni d’aiuto in contesti drammatici come la guerra, che travolge tanto agli altri come al professionista stesso e che continuando ad esercitare il proprio ruolo può essere d’aiuto pure a se stesso.Salvarmi
salvando gli altri, ossimoro dei nostri tempi
Tatyana Bilyk[i]
Scrivo di me stessa e di ciò che sta succedendo in queste ore in Ucraina per lasciare testimonianza degli avvenimenti; in questo modo chi fosse interessato ad avere notizie potrà trovarle in questo articolo[i]. Scrivo mossa anche dal fatto che molti colleghi mediatori, di varie nazionalità, mi hanno contattata per chiedere come potessero supportarci in questa guerra e ho pensato che tradurre i miei articoli e pubblicarli nei vari siti delle associazioni di mediatori, come è avvenuto col mio ultimo articolo, potesse essere un modo per sentirvi vicini in un momento così tragico.
Mi è capitato di notare un curioso fenomeno, legato alla mia sfera psichica: quando mi sento impotente e sopraffatta dalla sensazione di non riuscire a sopportare ancora di più la situazione, inizio a leggere i messaggi che ricevo, da parte di chi mi chiede aiuto e che si trova in condizioni ben peggiori delle mie, e così riesco a trovare la forza per andare avanti e combattere. Esempi di messaggi che ricevo e che tra l’altro, giorno dopo giorno, hanno un contenuto sempre più drammatico:
“Potresti mai ricevere in studio come paziente una giovane madre che pensa solo al suicidio?”
“Un padre è stato lasciato da
solo con un bimbo di appena due anni. Hanno urgentemente bisogno di aiuto:
pannolini, pappe, vestiti”
“Per favore aiutatemi con cibo
e medicine. Non ho un lavoro e devo prendermi cura di mia madre disabile”
“È necessario riparare con del
nastro isolante le finestre di una casa in cui vivono due persone anziane: il
marito di 82 anni, che è allettato, e sua moglie di 69 anni. Sono
impossibilitati a lasciare la propria casa”
“Per favore aiutateci a
evacuare le famiglie con minori che vivono nella zona di guerra. Hanno bisogno
di soldi per poterlo fare”
“Non possiamo farcela,
necessitiamo di un mezzo per poter evacuare le persone ferite”
“Aiutate mia madre, è in uno
stato di shock permanente dopo l’evacuazione da Mariupol. Siamo riusciti a
scappare in tempo ma c’è tanto dolore nella nostra famiglia”
Etc..
Può risuonare paradossale, ma
quando riprendo a lavorare mi sento meglio. Guardare in faccia la realtà e fare
i conti con essa richiede una certa dose di coraggio e di equilibrio mentale. È
impossibile convivere con la guerra, venire a patti con essa: ogni volta che
l’esplosione di una bomba squarcia i cieli della città, inizio a piangere e a
provare un dolore lacerante al solo pensiero che la casa di qualcuno, con tutti
i ricordi di una vita, venga distrutta. Proprio come è successo con quella dei
miei genitori. E il dolore aumenta pensando a chi ha perso un amico o un
parente sotto alle bombe. Oltre al dolore, si vive con l’ansia di ricevere il
bollettino di guerra: quanti morti e quanti edifici dilaniati.
Oggi ho letto le notizie sul
giornale “Ukraine Today”: “quattro villaggi siti nella regione
di Kiev sono sull’orlo della catastrofe umanitaria a causa dei continui
bombardamenti delle truppe russe”. I miei genitori vivevano
in uno di quei villaggi e ci siamo organizzati per portare via loro e la
famiglia di mio fratello quando gli invasori era già in quella zona. Solo Dio
sa quando potranno tornare nelle loro case e se la guerra cancellerà ogni
traccia di vita in quel villaggio.
Tuttavia, sebbene sia
circondata da tutto questo orrore, la mente si sta abituando a questa nuova
realtà: le mie reazioni stanno cambiando lentamente. Se prima c’era la
rassegnazione e l’incredulità a quanto stava accadendo, adesso riesco ad
attingere alle mie risorse personali che mi permettono di far fronte allo
stress che il peso di questa realtà comporta, e mi viene più facile poter
sostenere coloro che si trovano a dover affrontare una realtà ancora più
dolorosa della mia.
La mente cerca di accogliere e di elaborare le varie informazioni che mi arrivano su ciò che accade alla mia terra e ai miei connazionali ma a volte lo sforzo è troppo: si verifica un sovraccarico e allora sento di dover staccare.
Sono convinta che ci voglia
tempo perché le vecchie strategie di coping si adattino alla nuova realtà. Tra
l’altro sto scoprendo che in me esistono meccanismi di difesa e di resilienza
di cui ero inconsapevole: mi sto prendendo del tempo per potermi conoscere
meglio e per utilizzare queste mie risorse al meglio.
Uno degli approcci che utilizzo
in questo periodo per darmi la forza è quello della mobilitazione -
rilassamento, che funziona un po’ come la tecnica dell’inspirare ed espirare.
Per poter aiutare davvero gli
altri, devi prima imparare a prenderti cura e a fare qualcosa per te stesso,
anche la più semplice cosa: cucinare/mangiare cibi caldi, dormire sotto ad una
coperta calda, abbracciare le persone più care. Queste sono tutte azioni di
amore per te stesso che ti permetteranno di sopravvivere e di andare avanti
rimanendo sempre in contatto con il tuo IO più profondo.
Prima della guerra, stavo
lavorando ad un progetto per poter aprire uno sportello di mediazione familiare
in collaborazione con i servizi sociali e centri per le famiglie di Kiev. Tra
l’altro l’Associazione Ucraina dei Mediatori Familiari è parte
dell’Organizzazione Veteran Hub, la quale ha fornito, dal 2014, supporti ai
veterani del’ATO (Operazione antiterroristica dell’Ucraina Orientale) e alle
loro famiglie. Più di 50 mediatori familiari hanno lavorato nella nostra
organizzazione, fornendo servizi di mediazione familiare gratuiti a tutte le
famiglie bisognose.
È stato difficile lavorare in
mediazione con i
veterani della guerra del Donbass e le rispettive famiglie, dal momento che
stavano attraversando un momento di fragilità e di crisi, perché non riuscivamo
a comprendere fino in fondo l’impatto emotivo che tale esperienza ha lasciato
in loro. Ma ora - dato che siamo “tutti sulla stessa barca” - li sentiamo più
vicini a noi e li comprendiamo di più, soprattutto capiamo quanto la guerra
generi in ciascuno di noi forte stress ed emozioni ambivalenti.
In una situazione come questa, dove lo stress e il turbinio di emozioni è più forte che mai e dove la persona è in attesa di sostegno, i conflitti con le proprie famiglie diventano più insopportabili e con una conflittualità sempre più alta. In uno scenario del genere si ha la sensazione che a crollare non sia solo il mondo esterno ma anche, e soprattutto, quello interiore, perché in termini di stress, il divorzio trova il secondo posto dopo la morte di una persona cara. Quando si affronta questo tema in mediazione familiare, le persone coinvolte sono colte da dolore e disperazione. Non è un dolore solo in senso figurativo ma lo si vive proprio a livello fisico, si sente davvero il cuore andare in mille pezzi, accompagnato dalla sensazione di vivere nel vuoto e nella solitudine, un vero e proprio lutto e perdita di sé stessi e della persona amata. Purtroppo il lutto e la perdita sono sensazioni che andremo a sperimentare nel nostro lavoro sempre più spesso da ora in poi.
Ora sono una volontaria, e come
molti miei colleghi, sto facendo ciò che è più necessario in questo momento
storico. Vivo però con la speranza che i colleghi psicologi dicano la verità
sul fatto che le competenze professionali di ciascuno di noi sono le ultime a
crollare anche nel corso di una psicosi o di una demenza, e quindi possa
tornare, quando sarà possibile, ad aiutare
nelle vesti di mediatrice familiare le famiglie ucraine.
A causa di una guerra
dell’informazione, non sappiamo che cosa stia accadendo realmente al nostro
paese in questo momento: a quanto ammontano le vittime, la vera situazione
politica, le sorti del nostro paese e quando questa guerra finirà. Non sappiamo
niente.
Chi vive qui, dove le
esplosioni di bombe, la vista di corpi a terra dilaniati e case saltate in aria
sono all’ordine del giorno, sa solo che questa è la nuova realtà. Però è anche
importante dire che davanti alla crisi umanitaria di Kiev, siamo sempre pronti
con nuove idee per salvare più vite possibili, e spero davvero continueremo a
trovare il modo di fornire cibo e medicine a chi ne ha bisogno e a chi non ha
potuto, per vari motivi, lasciare la propria città.
Molti paesi ci supportano in
questa lotta contro l’invasione nemica, raccogliendo aiuti umanitari e inviando
medicine e beni di prima necessità alla popolazione civile. Sappiamo anche che
alcuni nostri connazionali hanno trovato ospitalità nelle case.
Posso dire a gran voce che stiamo osservando un gran numero di ottime iniziative in tutto il mondo in favore della mia Ucraina e che amici e colleghi di diversi paesi ci supportano emotivamente e finanziariamente.
Grazie al vostro supporto possiamo aiutare la nostra gente e, sempre grazie a voi che mi permettete di salvare gli altri, sto salvando me stessa.
Kiev, 29 marzo 2022
[i] Tatyana Bilyk, mediatrice familiare,
formatrice e supervisore, Presidente di
ITC “Mediation School”, co-fondatrice dell’ONG “League of Mediators of Ukraine”
e dell’“Association of Family Mediators of Ukraine”, referente in Ucraina del
Servizi Sociale Internazionale, psicologa e psicoterapeuta.
Tel: +38 (050)
446 30 20 (Viber, WhatsApp, Telegram)
Email:
tatyana.bilyk@gmail.com
https://www.facebook.com/HelpingthepeopleofKIEV
[ii] Articolo gentilmente tradotto all’italiano dall’Associazione Mediamente APS (Firenze) Italia